Kobane Calling. Zerocalcare lascia Rebibbia.
"Tutti uomini e donne che hanno
a cuore libertà e umanità,
oggi dovrebbero essere
a Kobane."
In questa
graphic novel Zerocalcare ci racconta il suo viaggio da Rebibbia a Mehser, un
villaggio costituito da un centinaio di persone che si trova in Rojava (tra il
confine turco e quello siriano). Poco distante da loro, a tre fermate di metro,
si trova Kobane. Qui si combatte duramente contro l’avanzata dell’Isis.
Ma per il disegnatore romano si presenta subito un problema,
ancora prima della sua partenza:
Chi glielo dice a
mamma Zerocalcare?
Dopo aver accuratamente spiegato alla mamma il perché del
suo viaggio, Zerocalcare ci porta direttamente all’interno del campo dove i
combattenti possono riposare, e dove gli
aiuti umanitari vengono smistati.
Il campo è gestito da una donna ed il messaggio che arriva
dritto fino a noi è davvero importante. Siamo abituati a pensare che le donne
islamiche siano tutte sottomesse e non in grado di decidere. A Mesher, invece
le donne hanno degli incarichi di responsabilità. Sono donne decise a
combattere per i loro diritti e decise ad insegnare agli uomini che cosa sia la
libertà.
Ho adorato il modo in cui Zerocalcare ha saputo trattare un
tema così delicato e spinoso allo stesso tempo. Oltre all’ironia che aiuta a
sdrammatizzare, mi è piaciuta la contrapposizione tra la vita romana e quella
del campo.
Riflettere su quello che per pigrizia ci rifiutiamo di fare
ogni giorno (lavare i piatti, aiutare in casa) è importante, la cooperazione
si insegna e si apprende in famiglia. Invece noi troppo spesso ce ne
dimentichiamo. Quando il lavoro è svolto da più mani lo si finisce prima, con
meno sforzo e sicuramente molto meglio.
Per costruire un mondo di pace e libertà ci dobbiamo
rimboccare le maniche, ci dobbiamo organizzare e dobbiamo essere uniti.
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